Il mercato di sub-advisory

La gestione delegata avanza, il consulente si adegua

La gestione dei fondi delegata a terze parti nel nostro Paese è tra le più dinamiche d’Europa sia in termini di crescita di AUM che di numero di fondi affidati ad asset manager esterni tramite mandati in delega.

Questa sì che è una bella notizia, anche se non è una novità: sempre più spesso quando si parla di risparmio gestito l’Italia va a podio e l’odiosa metafora del “fanalino di coda” viene lasciata ad altri settori.

Stiamo parlando di sub-advisory dove l’Italia occupa infatti il primo posto, con una quota pari al 15% del mercato UE dei fondi in gestione a terze parti, ed è il mercato di sub-advisory a più rapida crescita.

Si tratta di un mercato in fortissima crescita anche a livello globale, che secondo le stime di Goldman Sachs Asset Management passerà nei prossimi cinque anni dagli attuali 500 miliardi di euro ad un trilione (1000 miliardi). E l’Italia avrà un peso significativo

Complice MIFID 2, ma non solo, la volontà dei distributori di controllare direttamente la gestione ed ottimizzare i costi, soprattutto delle reti dei consulenti finanziari, non è infatti una novità.

Anche i consulenti finanziari italiani intervistati da FINER Finance Explorer, sembrano adeguarsi al mutato contesto.

Se nel 2007 il 76% di loro dichiarava di scegliere i prodotti offerti direttamente dalle SGR e solo il 24% prodotti/soluzioni di investimento selezionati a monte dalla mandante, oggi i rapporti si sono invertiti: il 71% dei CF dichiara di seguire le indicazioni della mandante – gestioni in delega in primis – e solo il 29% fa ancora “cherry picking” ovverosia dichiara di scegliere la casa prodotto e il fondo da proporre ai propri clienti a prescindere dalle indicazioni della mandante.

Facendo una metafora con il mondo della ristorazione, possiamo dire che siamo passati dalla scelta alla carta ai menù degustazione, dove ci si affida allo chef.

Perché quasi un terzo dei CF dichiara di preferire i prodotti alla carta? La sindrome da “piccolo chef” è dura a guarire ma si sta scontrando con la volatilità dei mercati e con una pressione sui costi mai viste prima.

Più semplice e sicuro per i CF affidarsi alla propria mandante che a sua volta – si spera – sappia selezionare le migliori SGR a cui conferire un mandato di sub-advisory.

Il 33% dei CF ritiene che l’architettura aperta – alias alla carta – faccia meglio gli interessi dei clienti, ma è veramente così? Certamente un numero minore di case terze da un lato semplificherebbe la gestione operativa dei distributori e, dall’altro, consentirebbe economie di scala.

Viva dunque i menù degustazione purché si rispettino gli interessi di tutti gli stakeholder: 1) i clienti, che dovrebbero ottenere rendimenti più alti grazie a costi più bassi; 2) i CF, che a parità di retrocessioni dovrebbero avere più tempo da dedicare ai loro clienti; 3) le SGR, che a fronte di AUM maggiori dovrebbero ridurre le commissioni di gestione; 4) i distributori che ottimizzando i costi dovrebbero investire sulla formazione della rete e sui servizi ai loro clienti.

Se così non dovesse essere? Bè si ritornerebbe al caro e tradizionale menù alla carta oppure si cambierebbe semplicemente ristorante.

Nicola Ronchetti