ADVISOR | Settembre 2025
Il confronto tra Mediobanca e Monte dei Paschi è uno scontro tra due culture, due storie e due modi di lavorare e fare banca molto differenti tra di loro le cui traiettorie si sono però inevitabilmente intrecciate negli anni.
Da un lato Monte dei Paschi di Siena una banca fondata nel 1472, risorta negli ultimi anni dalle ceneri a cui l’aveva ridotta una discutibile gestione intrecciata con la politica, una sorta di araba fenice pronta a librarsi in volo, oggi ben rappresentata nella comunicazione che promuove l’OPS su Mediobanca da una farfalla che esce da un guscio.
La farfalla rappresenta trasformazione, libertà, leggerezza e rinascita, spesso associata a concetti di cambiamento positivo e crescita personale, è certamente il più bello tra gli insetti ma anche il più fragile, la sua vita dura poche settimane.
Dall’altro lato Mediobanca una banca di credito finanziario fondata nel 1946 da Raffaele Mattioli ed Enrico Cuccia per favorire la ricostruzione, lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle industrie italiane, alla fine della seconda guerra mondiale.
Mediobanca risponde all’OPS con una comunicazione molto austera, tutta giocata in difesa, che poggia su tre negazioni all’operazione lanciata da Piazza Salimbeni: “nessun valore, nessun razionale, non aderire”.
Il tutto con il sigillo del brand Mediobanca, che ai più critici potrebbe apparire un po’ troppo autorefenziale, alla Marchese del Grillo quando dice “io sono io e voi non siete un ….”.
A ben vedere anche una delle ragioni sottostanti l’OPS, la conquista di Generali, che ha spinto il compianto Leonardo Del Vecchio e Caltagirone a contrapporsi al top management di Mediobanca, parte da una differenza culturale.
Il “self made man” e il “palazzinaro romano” che si contrappongono alla “borghesia finanziaria milanese” un po’ snob che li guarda con distacco, sottovalutando il peso di chi ha tanti soldi e può contare anche sull’appoggio politico.
D’altronde è indubbio che Piazzetta Cuccia stia cambiando pelle, testimone anche il raddoppio del valore del suo titolo negli ultimi due anni: il piano “One culture one brand” è il vero capolavoro di Nagel e della sua prima linea di manager.
Un capolavoro forse un po’ tardivo, se avesse valorizzato prima un brand iconico come Mediobanca, portandolo al grande pubblico anziché ad una ristretta élite e se avesse acquisito Banca Generali qualche anno fa (liberandosi della partecipazione e della rendita del Leone), probabilmente oggi la Banca non sarebbe preda.
Ma si sa, la storia non si fa con i se e con i ma, e oggi ci tocca assistere a una battaglia senza esclusione di colpi, dove, oltre alla magistratura, giocheranno per fortuna un ruolo determinante anche le persone.
Oltre ai capi azienda – Luigi Lovaglio e Alberto Nagel – certamente determinanti con la loro comunicazione per l’esito dell’OPS, centrali sono soprattutto le donne e gli uomini delle reti sul territorio (consulenti finanziari, private banker e gestori bancari) a contatto con il vero patrimonio di una banca: famiglie, imprese e comunità.
Il valore della rete del Monte dei Paschi di Siena è un asset incrollabile, persone al limite dell’eroismo, passate tra le fiamme senza bruciarsi, attaccate alla Banca come i marines alla bandiera a stelle e strisce.
D’altro lato anche le persone di Mediobanca sono un asset formidabile, tra i migliori professionisti dell’investment banking, del private banking e della consulenza finanziaria.
Ci auguriamo che chiunque sia il vincitore sappia rispettare la storia, il valore del marchio e le persone di due delle migliori eccellenze italiane.
Nicola Ronchetti