Bluerating | Settembre 2025
La contrapposizione tra UniCredit e Gruppo BPM, a prescindere dall’esito dell’OPS, ha messo in luce l’esistenza di due modi differenti di fare banca legati alle dimensioni, al perimetro geografico delle attività e alla propria missione.
Alcune di queste differenze sono state evidenziate in un’intervista pubblicata da Vita – periodico del terzo settore – a Umberto Ambrosoli, uomo della società civile, figlio di Giorgio vittima della finanza deviata e collusa con il malaffare degli anni ’70-‘80 (Sindona, IOR e crack del Banco Ambrosiano).
Ambrosoli, pur essendo parte in causa nell’OPS UniCredit su Banco BPM, in quanto presidente della Fondazione Banca Popolare di Milano e di Banca Aletti, storico istituto private del gruppo Banco Bpm, fa tre considerazioni che potrebbero essere lette anche come “super partes”.
La prima riguarda le due cose che caratterizzano una banca dei territori, ovverosia la presenza capillare e la restituzione, “una banca vicina ai territori innanzitutto significa essere presenti capillarmente e restituire tutto, in impieghi, allo sviluppo di quei territori”.
La seconda considerazione riguarda il nostro Paese: “le caratteristiche del sistema imprenditoriale italiano, sono tali per cui non c’è bisogno solo di banche grandissime. C’è bisogno di biodiversità bancaria di prossimità, di vicinanza al territorio che nel nostro sistema è garantita dall’esistenza di diversi istituti di minori dimensioni, che si sono organizzati in maniera tale da avere una solidità complessiva”.
La peculiarità del modello Banco BPM sta nell’avere “diverse fondazioni che lo legano propriamente alle storie territoriali da cui deriva. La banca poteva benissimo fare dei comitati territoriali e lasciare loro le attività erogative che sono proprie del rapporto tra le banche e i territori. Invece, la finalità di queste fondazioni è stata creare dei soggetti autonomi nelle loro valutazioni rispetto a quelli che possono essere gli obiettivi di business della banca stessa”.
La terza considerazione mette in luce l’importanza per alcune banche di consolidarsi a livello europeo, infatti “sentiamo dire da più parti, specie dopo la presentazione del Piano Draghi, che c’è bisogno di grandissimi player europei in grado di concentrare le risorse anche sui grandi progetti di rilevanza europea. Quelle, che hanno questa vocazione, è giusto che continuino a fare acquisizioni europee ed è opportuno che si rafforzino in Europa”.
Va altresì rilevato che in Italia, al fianco delle banche commerciali che operano a livello nazionale, fortemente centrate sul profitto e sull’andamento del proprio titolo in borsa vi sono le Banche di Credito Cooperativo, realtà locali con una forte vocazione sociale, focalizzate sul sostegno del territorio e della comunità in cui operano.
Non si tratta di un fenomeno solo italiano, in Germania ad esempio le Sparkassen sono banche locali, vere e proprie “casse di risparmio”, spesso con una lunga storia e un forte legame con le rispettive comunità. Sono istituzioni finanziarie pubbliche e, insieme alle cooperative di credito, costituiscono il cosiddetto “terzo pilastro” del sistema bancario tedesco, rappresentando una parte significativa del mercato.
È difficile stabilire quale sia il modello ottimale e più sostenibile nel tempo, è viceversa certo che la pluralità e la biodiversità bancaria siano un bene per il mercato, per i clienti e i dipendenti, che possono liberamente scegliere quello che ritengono migliore.
Nicola Ronchetti