Un terzo degli italiani non sa quando investire e per quanto tempo farlo

Il Sole 24Ore Plus | Settembre 2025

Nel Medioevo il prestito a interessi era proibito perché si lucrava su qualcosa che non appartiene all’uomo, ovvero il tempo. «Tutto ciò che è oltre il capitale è usura», tuonava nel 1140 il monaco Graziano. Sarà per questo retaggio che gli italiani, di tutte le generazioni hanno una certa difficoltà a considerare il fattore tempo quando si parla di investimenti. Se infatti in Italia si registra una percentuale di risparmiatori pari al 57 per cento, questa scende al 30% nel caso degli investitori, «questo divario tra risparmiatori e investitori è strettamente legato alla mancanza di cultura del tempo nel contesto finanziario», afferma Nicola Ronchetti, ceo e fondatore di Finer, centro di ricerca in ambito finanziario, in riferimento alla ricerca preparata per l’Efpa Meeting 2025, che si concentrerà proprio sul fattore tempo nella pianificazione finanziaria. «Gran parte degli italiani continua a risparmiare, ma c’è un problema enorme nel passaggio da risparmiatori a investitori – continua Ronchetti -. Questa differenza implica che vi è un 27% di mercato potenziale non sfruttato, che, se attivato, potrebbe potenzialmente raddoppiare il mercato della gestione del risparmio».

Il tema dell’Efpa Meeting sarà dunque: «Market timing vs time in the market – Il tempo giusto, il ritmo per le nuove generazioni» e l’evento si concentrerà sul ruolo del tempo nella pianificazione finanziaria, sottolineando l’importanza della durata e della diversificazione degli investimenti, in particolare per le nuove generazioni. «Il meeting – spiega il presidente di Efpa, Nicola Ardente – si apre con un titolo volutamente provocatorio, l’intenzione è quella di evidenziare la distinzione tra market timing inteso come una nozione di breve periodo o di momento specifico, orientata a cercare di massimizzare l’accesso ai mercati e l’ideale del tempo giusto, un tempo che, invece, deve diventare un alleato fondamentale per una corretta pianificazione patrimoniale».

Efpa si presenta all’ormai tradizionale appuntamento di Firenze dopo che qualche giorno prima l’associazione a livello europeo avrà festeggiato i 25 anni di attività a Bruxelles, celebrando gli oltre 100mila certificati rilasciati. In Italia, la community conta oltre 13mila certificati. «Efpa promuove attivamente lo scambio professionale – continua Ardente – e rappresenta una grande community che si riunisce una volta all’anno, in occasione del meeting, per uno scambio di conoscenze professionali e per il piacere di stare insieme. Un incontro a cui normalmente partecipano oltre 1.000 professionisti».

«Nelle strategie finanziarie degli italiani – continua Ronchetti -, la difficoltà nel gestire e comprendere la variabile temporale rappresenta un ostacolo centrale e diffuso, influenzando non solo il quando e il quanto investire, ma anche l’approccio delle diverse generazioni alla pianificazione del proprio futuro e molti italiani non possiedono la necessaria cultura del tempo in ambito finanziario». Dalla ricerca preparata da Finer per l’evento Efpa emerge innanzitutto una incertezza sul timing degli investimenti: il 34% degli italiani non sa esattamente quando investire, dimostrando incertezza sul momento giusto per entrare nei mercati finanziari, siano essi BTp o azioni. Similmente, il 35% degli italiani non sa per quanto tempo dovrebbe rimanere investito. «Questa mancanza di consapevolezza – secondo Ronchetti – si riflette anche nella modalità di investimento. La maggior parte degli italiani tende a investire una tantum, ovvero tutto in una volta, spesso quando percepiscono che i mercati stanno andando bene. L’approccio preferibile è invece quello opposto, dell’investimento progressivo, con piccole cifre investite ogni mese, magari tramite piani di accumulo. Questo metodo è vantaggioso perché permette di evitare l’effetto di entrare con i mercati (market timing), eliminando la volatilità e costituendo un risparmio indolore. Tuttavia, la cultura del tempo per un investimento one shot rispetto a un piano di accumulo non è diffusa».

Come emerge dalla ricerca, nonostante le diverse prospettive temporali, l’affidamento ai sistemi pubblici rimane predominante a livello nazionale: solo il 10% degli italiani pensa di affrontare il futuro avvalendosi di sistemi di previdenza complementare. «L’impatto del tempo si fa ancora più marcato – conclude Ronchetti – e, per certi versi, sorprendente, nella fascia dei giovani adulti. Se si considera la Generazione Z (individui tra i 28 e i 30 anni), l’affidamento ai sistemi statali è schiacciante: il 70% di costoro (rispetto al 55% di tutta la popolazione) ritiene di poter affrontare il futuro attraverso la pensione pubblica e i sussidi statali. Questo dato è impressionante, poiché questa generazione, pur avendo l’orizzonte temporale più lungo (che massimizzerebbe i benefici dell’interesse composto e dell’investimento progressivo), è la più propensa a fare affidamento sulle strutture pubbliche, ignorando l’importanza di integrare la previdenza».

Antonio Criscione