AZIENDE ITALIANE E BORSA O LA TEMONO O LA FREGANO?

Investire | Luglio 2021

Solo il 25% degli italiani investe i propri risparmi nei mercati finanziari, gli imprenditori italiani sono i più restii in Europa a quotarsi in borsa.

La borsa soffre di due limiti: da un lato è vista da molte imprese familiari di successo come un limite alla propria autonomia decisionale, dall’altro, qualche imprenditore senza scrupoli la sfrutta per battere cassa a danno di investitori inconsapevoli.

Due esempi su tutti.

Il Pastificio Rana, Gianluca figlio di Giovanni, prende le redini dell’azienda con 35 dipendenti, ora sono 4000 e nel 2021 il fatturato supererà il miliardo di Euro.

Nell’anno della pandemia Rana ha deciso di aumentare gli stipendi del 25%, e a chi gli chiede se pensa alla quotazione risponde che la sua non è una storia di borsa e se decide di premiare i dipendenti lo fa anche se perde qualche punto di ebitda.

Dal lato opposto Bio-On, società bolognese quotata, operante nel settore delle bioplastiche indagata per false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato.

Se guardiamo alla Borsa italiana il quadro è poco confortante: dopo l’addio di Ubi, e CreVal e il prossimo delisting di Cattolica, il risultato è che da inizio 2020 le emissioni nette di titoli di debito e di azioni quotate effettuate da società italiane sono di 16 MRD di Euro, contro 101 per le francesi e 87 per le tedesche.

Certo la Borsa rappresenta il mercato, che non perdona e non fa sconti a nessuno.

Pensiamo ad esempio alla Francia dove la sua piazza azionaria sembra essere la meta preferita in Europa per le incursioni dei fondi attivisti anglosassoni.

Eclatante il caso di Danone dove i fondi attivisti hanno vinto la battaglia per cambiare strategie e CEO del colosso alimentare o più recentemente il tentativo di opposizione a Bolloré, considerato il più “finanziere” tra gli imprenditori francesi, sul riassetto di Lagardère.

Alcune dinastie imprenditoriali pensano tuttora di gestire in modo padronale aziende che ormai si sono invece trasformate in public company.

E poi c’è il tema dei private market una volta considerati l’anticamera della borsa, oggi la sua alternativa.

Si tratta di un mercato in rapida espansione con una crescita stimata nel 2025 del 60% e masse in gestione di 17mila miliardi, e l’ingresso di colossi del calibro di BlackRock, Vanguard e JP Morgan.

Le vie per crescere nel business dei mercati privati sono due: acquisire/stabilire accordi con player terzi altamente specializzati e consolidati oppure crearsi un team dedicato.

Le reti dei consulenti finanziari che rappresentano l’avanguardia in tema di gestione del risparmio, sono un esempio di eccellenza su entrambi i fronti.   

Per il 34% dei consulenti finanziari e il 27% dei loro clienti gli investimenti nei mercati privati rappresentano un’opzione per cercare rendimenti.

Forse alla luce di tutto ciò Rana non ha poi così tutti i torti.

Nicola Ronchetti