Di chi è il cliente?

Quando i consulenti finanziari si mettono in proprio

Quando un professionista decide di cambiare banca si pone il quesito essenziale: quanti clienti mi seguiranno nella nuova realtà?

Quasi tutti i professionisti prima di prendere la decisione finale sondano il terreno con i propri clienti. Il numero di clienti che segue il professionista nel cambio di banca dipende da tanti elementi.

Il primo e più importante che pesa per il 75% è legato alla fiducia nel professionista, che si sostanzia in elementi oggettivi (gli anni di collaborazione con il cliente) e soggettivi la soddisfazione ed il livello di empatia che si è stabilito con il cliente.

Il secondo elemento è la nuova banca o società a cui il professionista approda ed in particolare il confronto tra la brand equity della banca (il valore e la reputazione che il marchio della banca esprime sul mercato) che lascia rispetto alla nuova banca (e qui i valori possono essere differenti, per intenderci da 0 a 100).

Questo aspetto ci conduce al terzo elemento: il valore del singolo professionista ed il suo personal brand.

Se un professionista lascia una banca che ha una brand equity che vale tanto – magari anche solo perché è da decine di anni sul mercato – per approdare in una nuova realtà che non ha ancora una brand equity (una start up o una società di recente costituzione) e riesce però a farsi seguire dai suoi clienti allora il suo personal brand (l’insieme di conoscenze, competenze, stile, carattere, abilità che contraddistinguono un professionista in modo univoco, fino ad identificarlo con un proprio marchio personale) è molto alto.

Sempre di più rileviamo che il professionista affermato è solito farsi seguire dai suoi clienti a prescindere dalla nuova realtà a cui approda. Questo perché nella gestione del proprio denaro, dei propri progetti finanziari e – molto spesso – extra finanziari l’empatia con il professionista è difficilmente compensabile con il marchio della società e quasi mai sostituibile con l’assegnazione di un nuovo professionista.

C’è un quarto elemento determinante che è legato a come il professionista ha acquisito i suoi clienti. Su questo aspetto incide molto la tipologia di professionista: se è un consulente finanziario nel’93% dei casi i suoi clienti se li è cercati uno ad uno, li ha fidelizzati negli anni e solo nel 7% sono frutto di riassegnazioni che la mandante ha effettuato (fonte FINER® CF Explorer 2018).

Se invece è un professionista bancario le percentuali quasi quasi si invertono: 95% di clienti assegnati dalla banca negli anni e solo 5% di clienti individuati personalmente (fonte FINER® PB Explorer 2018).

Questa differenza è fondamentale per stabilire il successo del singolo professionista nel muovere i clienti e le relative masse da una banca all’altra.

Non dobbiamo poi dimenticare un quinto elemento: i cambi di casacca nel mondo della consulenza finanziaria si sono drasticamente ridotti di oltre il 40% (2018 vs. 2017) anche a causa della riduzione dei margini che si prospetta con MIFID 2 e della conseguente impossibilità di poter acquisire professionisti pagandoli come in passato (in alcuni casi intorno al 4% del valore del portafoglio).

Un’altra spiegazione della riduzione del tour over è legata all’età anagrafica dei professionisti del risparmio – 50-54 anni a seconda che siano bancari o CF – che li induce ad essere più prudenti anche in considerazione del fatto che la banca per la quale lavorano nella maggior parte dei casi (72%) prevede piani di fidelizzazione o patti di non concorrenza che rendono irragionevole un cambio di casacca.

Infine – sempre complice la MIFID 2 – quasi tutte le banche offrono ai propri clienti selezioni di fondi o gestioni in delega a marchio della mandante che rendono molto più difficili da replicare in una eventuale nuova società, se non smontando gli investimenti e ricostruendoli; ma le inerzie – più o meno involontarie della vecchia banca – rappresentano una barriera a volte insormontabile.

Dunque vita dura per i pochi impavidi professionisti che, anche nell’interesse dei loro clienti, dovessero decidere di cambiare società?

Certamente l’epoca del “calcio mercato” e delle star del risparmio gestito, sembra aver subito una pausa di arresto, ma secondo noi si tratta solo di una pausa. La passione del professionista, la sua reputazione sul mercato, la fiducia dei suoi clienti spesso valgono molto di più del brand della banca che certamente ha un valore ma è uno degli elementi e no quello centrale.

Insomma da appassionati osservatori stiamo a guardare se anche nel mondo della consulenza finanziaria si possa trovare un Cristiano Ronaldo che forte del suo personal brand CR7 è non solo riuscito ad infiammare il cuore dei suoi nuovi tifosi, ma anche – a dispetto del suo ingaggio da capogiro – a fare aumentare il valore in borsa della sua nuova società.

Ma quanti CR7 ci sono sul mercato? In ogni caso anche il mitico CR7 se la dovrà vedere sul campo – come ogni consulente finanziario – se si fa gol si gioca se no si sta in panchina.

Quindi alla fine, ci sentiamo di condividere la risposta di un saggio consulente finanziario che alla domanda di chi è il cliente ci ha risposto: il cliente è del cliente!

Quindi cari professionisti del risparmio mettetevi il cuore in pace l’epoca del “cliente è mio e me lo gestisco io” è finita, ogni cliente va conquistato e stupito quotidianamente con la vostra professionalità e capacità di distinguersi dai concorrenti, certamente la vostra banca non può più contare sulle rendite di posizione di un tempo ma anche voi non dovete dormire sugli allori.

Viva dunque il libero mercato, i professionisti impavidi ed i clienti consapevoli, per tutti gli altri in grosso in bocca al lupo.

Nicola Ronchetti