FILANTROPIA APPELLO AI CLIENTI PRIVATE

AP Private | Maggio Giugno 2022

In UK e USA i super ricchi fanno a gara a chi dona di più. E in Italia come siamo messi? Per rispondere a questa domanda Fondazione Italia Sociale e Finer Finance Explorer hanno intervistato 1.375 individui con una ricchezza finanziaria tra i € 500mila e i € 10 milioni.

In Italia, e più in generale in Europa, le figure dei big donor privati sono meno diffuse e decisive, non solo perché non sembra esserci l’equivalente di un Bill Gates o un Warren Buffet, ma anche perché storicamente si è sempre guardato ad altri soggetti come attori principali della filantropia, prime fra tutte le fondazioni di erogazione.

Tuttavia, durante la prima emergenza sanitaria per la pandemia da Covid-19, si è registrata una gara di solidarietà che ha coinvolto VIP, grandi famiglie imprenditoriali e anonimi cittadini in donazioni consistenti, anche di milioni di euro, destinati al sostegno di ospedali, Protezione civile e Croce Rossa.

È stata la prima volta in cui si sono susseguite numerose donazioni, di importo elevato, da parte di singole persone e attorno ad un’unica causa, quasi a suggerire un effetto contagio, dovuto all’eco mediatica che hanno avuto questi atti di generosità.

Se l’obiettivo di Fondazione Italia Sociale è quello di una filantropia popolare dove l’apporto di tutti è necessario, l’esempio di chi dispone di risorse considerevoli è decisivo considerata anche la presenza di oltre 300.000 milionari in Italia.

Dalla ricerca emerge che l’87% dei paperoni nostrani dona ma è ancora bassa la partecipazione attiva: solo il 14% è coinvolto in ruoli attivi di volontariato contro il 75% del Regno Unito.

In Italia l’85% degli intervistati dona a una sola organizzazione, comportamento opposto in UK dove il 95% dona a più di una organizzazione.

In Italia si preferiscono le cause tradizionali, emergenze (48%), ricerca medico-scientifica (45%), lotta alla povertà (41%): cultura e ambiente rimangono agli ultimi posti, nonostante la rilevanza per il nostro paese.

I millennial italiani si comportano diversamente: hanno maggiore sensibilità per l’ambiente (17%), sono più propensi a un coinvolgimento nel volontariato (27%) e più disposti a sostenerlo con investimenti in progetti specifici (50%).

Tuttavia l’importo delle donazioni è ancora basso: più di un terzo dona meno di €1.000 all’anno e solo il 6% dona cifre superiori ai € 100.000 (vs 17% Regno Unito), solo l’1% fa donazioni oltre il milione e il valore medio delle donazioni è compreso tra i €1.300 e €11.000.

I più ricchi tra i ricchi sono quelli con il braccino più corto: donano meno dello 0,1% del loro patrimonio. Eppure donare fa sentire bene: gratificazione morale (71%), desiderio di fare la differenza (62%) e sentirsi utili (49%).

Nella consulenza professionale prevalgono ancora le figure classiche. I commercialisti, gli avvocati e i notai sono più richiesti dei consulenti finanziari o dei private banker (48% vs 39%).

La scelta dell’organizzazione a cui donare si basa su conoscenza e reputazione (74% e 62%) ancor prima della causa (54%) e dell’impatto generato (41%). Le barriere alla donazione sono le troppe richieste che arrivano da molte organizzazioni (77%) e la mancanza di fiducia (69%).

Ampi spazi di miglioramento sia per il terzo settore, chiamato a fare sistema attirando in modo strutturato i grandi donatori, che per l’industria del private banking nell’ implementare i servizi a supporto delle azioni filantropiche. Su entrambi i fronti i segnali sono più che positivi, ma la strada da fare è ancora lunga.

Nicola Ronchetti