Il Mondo della Finanza:

tre miti da sfatare.

Il cambiamento epocale che sta attraversando l’industria bancaria, del risparmio gestito e della consulenza finanziaria sembra sfatare alcuni miti.

Donne e finanza

Da sempre siamo abituati, come esploratori e ricercatori di mercato a confrontarci con il decisore finanziario all’interno delle famiglie e delle imprese e con il consulente finanziario nell’ambito della distribuzione.

Ma siamo sicuri che sia ancora opportuno parlare in tutti questi casi di un pubblico di riferimento al maschile?

I dati dimostrano in modo inequivocabile, che l’esclusione delle donne, come investitrici, professioniste del risparmio o imprenditrici, nelle analisi e nelle riflessioni sia frutto di miopia che potrebbe indurre in errori irreversibili chi pianifica attività commerciali, di reclutamento e più in generale stabilisce le regole di governance.

Partiamo dalle famiglie italiane, se è vero che formalmente nelle analisi di mercato va individuato un capofamiglia finanziario è altrettanto vero che la decisione di investire, come investire e quando investire i risparmi del nucleo famigliare, è influenzata nel 53% dalla componente femminile anche nei casi in cui a decidere è “formalmente” l’uomo.

Cosa dire dei professionisti del risparmio? I dati ci dicono che qualche anno fa le donne consulenti erano meno del 15% oggi, anche grazie all’ingresso di molte professioniste provenienti dal mondo bancario, la percentuale supera il 20%.

Sul lato imprese, il ruolo delle donne è in crescita, non solo nelle cosiddette “star-up” ma anche tra le imprese più consolidate sul mercato e la governance delle grandi imprese internazionali prevede una comunicazione trasparente dei livelli retributivi per funzione tra i due generi.

Studi dimostrano una bilanciata presenza di uomini e donne nei consigli di amministrazione valorizzando la cosiddetta “gender diversity” – alla base della genesi della nostra stessa specie – produca risultati tangibili in termini di utili e di governance.

Banca da secoli

Sembra passata un’era geologica da quando alcune banche puntavano la loro comunicazione prevalentemente sulla data della loro fondazione. Siamo sicuri che questo oggi rappresenti ancora un valore? Complici gli scandali finanziari e la crisi reputazionali di alcune banche “storiche”, oggi pare che l’essere banca “da secoli” non sia più garanzia di affidabilità.

Molte banche hanno imparato, a mettere al centro della propria comunicazione i bisogni del proprio cliente, ma forse sono arrivate un po’ fuori tempo limite, se è vero che “mettere i bisogni del cliente al centro” era il mantra dei guru del marketing negli anni ’60.

Oggi la banca deve stupire i propri clienti con servizi in grado di anticiparne i bisogni reinventando un modello di servizio che molto spesso fa proprio leva sui limiti del modello di banca tradizionale. Basti pensare – solo per citare alcuni casi – alla Mobile Bank N26, alla Illimity “Banca oltre la forma” di Corrado Passera che si rivolge al vasto pubblico delle PMI italiane ma non solo.

Esistono poi realtà che, nate sul finire degli anni ‘90, sono riuscite a evolvere e a trasformarsi crescendo e distinguendosi all’interno del sistema bancario tradizionale (pensiamo a FINECO).

Giovani e finanza

Altro mito da sfatare: il consulente finanziario non è un mestiere per giovani. Partiamo da una storia di vita vissuta. 30 anni fa un giovane consulente finanziario di nome Elia (nome di fantasia) poco più che ventenne inizia la professione di promotore finanziario, nella valigetta ha un solo prodotto, nel cuore tanta passione e voglia di fare. Uno dei suoi primi clienti è un signore Luca (nome di fantasia) di poco più di 60 anni. Tra Elia (il promotore finanziario) e il suo cliente c’era una differenza di 30 anni di età.

Elia ci ha messo il cuore e ha conquistato a 30 anni la fiducia di un cliente che poteva essere – anagraficamente – suo padre. Elia è diventato il consulente di fiducia anche del figlio di Luca, Andrea (nome di fantasia) suo coetaneo con cui ha sottoscritto lo stesso tipo di investimento finanziario del padre.

Andrea ha un figlio Luigi, nipote di Luca, poco più che ventenne anche lui è diventato cliente di Elia che a poco più di 60 anni ha conquistato la fiducia di un cliente poco più che ventenne, sottoscrivendo lo stesso tipo di investimento del padre e del nonno.

Concludendo

È bello scoprire storie come quella di Elia e trovare ai vertici di una banca – tra tanti uomini – una donna manager quarantenne, come pure vedere un ragazzo o una ragazza di vent’anni intraprendere con entusiasmo la professione del consulente finanziario, magari in una banca neonata o appena maggiorenne.

Ci piace pensare che non siano solo eccezioni ma che siano i segnali di una rivoluzione silenziosa.

Nicola Ronchetti