GAMESTOP: SARDINE CONTRO SQUALI?

Nicola Porro | Economia e Finanza a cura di Leopoldo Gasbarro | Febbraio 2021

Il caso di GameStop ha visto l’assalto dei social media alla finanza: centinaia di migliaia di sardine si sono unite su Reddit e tramite Wallstreetbets hanno formato un enorme banco che ha sconfitto gli squali degli hedge fund (tra cui Melvin Capital) soliti scommettere e guadagnare sul default delle aziende o dei paesi.

L’episodio ha richiesto l’intervento dei regolatori e ha messo in fibrillazione l’intero establishment arrivando a scomodare persino Janet Yellen Segretario al tesoro degli Stati Uniti d’America. 

Lo stesso establishment che si turba per il caso GameStop sorvola su Tesla: l’azienda di Elon Musk “vale” in borsa oltre 800 miliardi, più di tutte le aziende automobilistiche messe insieme (Toyota, Volkswagen, Audi, Bugatti, Porsche, Mercedes, Ferrari, GM, Renault, Nissan ecc.).

In altri termini ogni auto Tesla venduta capitalizza 1,25 milioni di dollari. Per fortuna il monopolio sta finendo: oggi sono in molti a non avere dubbi nello scegliere una Porsche Taycan rispetto a una Tesla Model S. 

Onore al merito di Elon Musk genio e novello Re Mida, ma non è un caso che abbia battezzato con un tweet l’operazione GameStop: il fondo Melvin Capital aveva osato scommettere contro Tesla in passato.

Elon Musk promette di portarci su Marte e noi ce lo auguriamo, ma nel frattempo torniamo nel nostro amato e bellissimo Paese e ai nostri maestri artigiani come ad esempio Brunello Cucinelli, che anche se vale “solo” 2,4 miliardi di Euro in borsa, è una delle tante nostre eccellenze. 

I rischi connessi al caso GameStop sono due: il primo è che la finanza venga vista come un gioco d’azzardo, allontanando le già impaurite famiglie e imprese italiane dalla prospettiva di mettere a reddito gli oltre 1.700 miliardi in loro possesso.

Il secondo è che possa attirare come mosche al miele i più ingenui che pensano sia facile diventare milionari dalla mattina alla sera. 

In Italia il rischio è limitato anche se il fenomeno del trading on line non è nuovo: ha avuto la sua consacrazione nel 1999 e si è stabilizzato negli anni, oggi il mercato è molto concentrato e 5 broker – Fineco, IW Bank, Webank.it Banco BPM, Sella e Directa Sim – hanno l’80% del mercato.

20 milioni di italiani hanno un conto corrente con accesso online, di questi, 3,6 milioni hanno un conto titoli, ma solo 2,2 milioni di essi gestiscono direttamente il proprio portafoglio titoli on-line.

I trader attivi, cioè con almeno un eseguito a settimana sono circa duecentomila e gli heavy trader, con più eseguiti a settimana e attività intraday, sono quindicimila. 

Secondo una ricerca condotta da FINER Finance Explorer, su un campione di 1.000 trader questi sono molto soddisfatti delle piattaforme (85%), dei costi (72%) e la metà di loro (51%) si sente gratificato, anche se un terzo (34%) dichiara di aver perso soldi.

In un’epoca in cui non esistono più certezze è bene non sottovalutare il fenomeno del “fai da te”. Consulenti finanziari e gestori bancari dovrebbero cogliere la sfida e saper ribaltare con il valore dei loro consigli l’antico adagio, chi fa da sé fa per tre, altrimenti ne vedremo delle belle.

Nicola Ronchetti