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Sostenibile, responsabile, inclusivo. La frontiera del risparmio gestito” è il titolo scelto da ASSOGESTIONI per il 10° Salone del Risparmio che si è tenuto a Milano dal 2 al 4 Aprile 2019.

Il tema della sostenibilità e della responsabilità sociale è divenuto di grande attualità alla luce delle catastrofi naturali e degli scandali societari (Parmalat, Lehman Brother solo per citarne due) i cui effetti devastanti sono divenuti evidenti anche agli osservatori più distratti e scettici: i danni al pianeta e alla economia reale impongono un rapido cambio di rotta.

La risposta dell’industria del risparmio gestito non si è fatta attendere: Impact Investing, fondi SRI e ESG sembrano finalmente divenuti oggi il nuovo mantra per tutte le principali Società di Gestione del Risparmio e per i Distributori (Banche e Reti di Consulenti Finanziari).

Il vero punto di domanda è come e se questa nuova filosofia di investimento possa trovare terreno fertile anche presso chi la propone direttamente (consulenti finanziari, private banker, e gestori bancari) e soprattutto con l’investitore finale, individuandone i punti di forza da enfatizzare e le eventuali barriere da superare.

ASSOGESTIONI ha commissionato a FINER la prima ricerca mai realizzata che ha coinvolto allo stesso tempo e domanda (investitori finali) e offerta (consulenti finanziari, private banker, bancari e gestori) su questo tema di grande attualità che sembra ridisegnare l’offerta dell’industria della gestione del risparmio in Italia e non solo.  

La ricerca che ha coinvolto 1.700 individui così distribuiti

  • 1000 investitori finali à segmentati per tipologia ed entità degli investimenti finanziari, 200 mass market (con investimenti finanziari da € 10K a meno di € 50K), 200 affluent (dai € 50K ai € 200K), 300 upper affluent (€ 200K-500K), 200 private (da € 500 a € 1Milione) e 100 HNWI (oltre € 1Milone)
  • 600 professionisti  à Consulenti Finanziari (200), Private Banker (200) e Operatori Bancari (200), delle più importanti reti, banche specializzate ed universali nazionali ed internazionali 
  • 80 fund selector à responsabili della gestione di fondi di fondi (gestioni in delega e sub-advisory), che operano in realtà nazionali ed internazionali, reti di CF, banche specializzate ed universali
  • 20 gestori à selezionati tra coloro che operano in grandi gruppi bancari, indipendenti, realtà nazionali e internazionali, operatori specializzati prevalentemente in prodotti attivi e/o passivi (approccio proposto: colloqui individuali)

Dalla ricerca emergono alcuni risultati molto interessanti e per nulla scontati. Innanzitutto l’Italia appare come un paese per gli investimenti sostenibili, responsabili e inclusivi: la sensibilità è elevata e in crescita, anche se ad oggi prevalentemente circoscritta ai segmenti di clientela con maggiori disponibilità finanziarie, visione e istruzione, presto potrebbe diventare criterio decisivo nella scelta della banca o della SGR per tutti e quindi fattore competitivo determinante per l’industria.

La sensibilità su questi temi si basa per lo più su una conoscenza generica soprattutto associata ai cambiamenti climatici e alle crisi che hanno caratterizzato le società che non hanno rispettato questi criteri, sviluppata più a livello individuale che su spinta dell’industria: vi è dunque un grande potenziale di crescita e di affermazione.

Emerge un punto di attenzione molto rilevante: le sigle ESG e SRI sono quasi del tutto sconosciute e gli investimenti a loro associati sono per i più erroneamente assimilati a investimenti «no profit». Come se non bastasse le barriere alla sottoscrizione oltre alla scarsa conoscenza sono soprattutto dovuti all’associazione di questo tipo di investimenti a rendimenti minori o – come detto – al «no profit».

Il tema dell’informazione su questo tipo di investimenti è centrale: sia per ammissione degli investitori finali che dei distributori (banche e reti) e dei gestori (SGR) che hanno – a loro volta – la grande opportunità di farsi ambasciatori in un momento in cui l’industria sta cavalcando questo trend.

Per chi invece è più edotto e già propenso, i driver per questi investimenti sono sia di natura generale – la sopravvivenza del globo, il futuro dell’umanità – ma anche finanziari e logici – maggior affidabilità, stabilità dei rendimenti, riduzione del rischio e solidità delle aziende che sposano questi criteri: partire dai primi per lavorare sui secondi è certamente la ricetta vincente per l’industria.

Il terreno dunque appare fertile per una crescita di questi investimenti purché l’industria sappia promuoverne la cultura e i singoli operatori (SGR, banche e reti) differenziarsi tra loro per favorire una sana competizione sulla qualità dei prodotti. 

Tre temi appaiono fondamentali e devono essere comunicati per il successo di questo tipo di investimenti: 1) non vanno considerati un asset class; 2) consentono rendimenti superiori in quanto basati su investimenti in aziende più affidabili; 3) necessitano di un timing di medio lungo periodo

Pochi sanno che Parmalat fu declassata su un indicatore di sostenibilità perché andò a smaltire i rifiuti altamente tossici derivanti dalla lavorazione del latte in un paese e con modalità sospette per un’azienda che aveva un ottimo rating a livello finanziario…poi sappiamo come è andata.

Inoltre da un’analisi di ECPI su 100 aziende fallite nonostante un livello di rating investment grade ben il 78% delle stesse non era degna di una classificazione ESG.

Un grande opportunità per le famiglie, le imprese e il globo a patto – ovviamente – di saperla cogliere e comunicare senza perdere altro tempo.

Nicola Ronchetti