La centralità del manager di rete

Bluerating | Luglio 2020

Mestiere complesso quello del manager di rete, messo ancora più a dura prova da tre mesi di lockdown. Ancora una volta questa figura centrale nella gestione della rete ha dato grande prova di sé. 

Partiamo da alcuni dati: il livello di soddisfazione dei consulenti verso i manager di rete, seppur lentamente e in modo discontinuo, è cresciuto negli ultimi 10 anni sia in assoluto che rispetto al livello minimo toccato nel 2008, allo scoppio dell’ultima grande crisi innescata dal fallimento di Lehman Brothers. 

A rendere molto sfidante il compito dei manager di rete sono le aspettative nei loro confronti che crescono di anno in anno, sia per l’aumento della professionalità dei consulenti che per l’ampliamento della gamma e della complessità dell’offerta delle reti.  

Tre sono state le sfide principali che hanno dovuto recentemente affrontare i manager di rete. La prima: mettere in sicurezza la e salvaguardare la salute dei propri colleghi. La seconda: supportare la propria rete durante il lockdown facendo sentire la propria presenza e aiutando i consulenti finanziari in maggior difficoltà. La terza: motivare e i consulenti alla ripartenza per recuperare il tempo perduto. 

La capacità di saper motivare la propria squadra si conferma la dote più richiesta dai CF ai manager (75%). Il supporto commerciale che si traduce soprattutto nella capacità di scendere in campo al fianco dei propri consulenti finanziari per aiutarli concretamente (66%) è un’altra dote essenziale.  

Ai manager di rete viene oggi chiesto un supporto significativo anche da parte della mandante nel reclutamento e nella selezione dei migliori talenti (69%). 

La capacità di reclutare nuovi uomini è sempre più rilevante e complessa, per una serie di motivi. Innanzitutto la raccolta delle reti passa in buona parte dal reclutamento di nuovi consulenti, oggi la crescita organica rappresenta mediamente il 70%, il che significa che quasi un terzo dipende dai nuovi consulenti reclutati dalla concorrenza. 

Il secondo elemento è che la sfida è fare proseliti non solo tra le reti dei consulenti finanziari ma anche e soprattutto tra i talenti che lavorano in banca. La motivazione e la voglia di imprimere un cambiamento significativo alla propria vita e alla propria carriera possono essere un ottimo propellente per passare da dipendente a consulente finanziario ma non tutti sono in grado di riuscire a farlo. 

La capacità di individuare i talenti, di supportarli e farli integrare con la propria squadra, di aiutarli nella delicata fase del passaggio dei clienti da una realtà ad un’altra sono doti che vanno coltivate con costanza e passione. 

Se è vero che quasi il 30% dei nuovi reclutamenti proviene dal mondo bancario, un buon manager deve anche essere un ambasciatore della professione – quella del consulente finanziario – che oggi è in grande spolvero ma fino a qualche anno fa era vista con sospetto e qualche pregiudizio. 

Motivatore, reclutatore, manager, ambasciatore ma anche e soprattutto cinghia di trasmissione tra la sede, cioè la direzione della rete e la rete. 

Questo è forse il compito più delicato perché oscilla tra la tentazione di diventare una sorta di capo popolo con il rischio di contrapporsi al governo societario rappresentato dalla mandante o all’opposto di essere un mero e freddo ufficiale di collegamento. 

Per questo i migliori manager sono anche quelli che hanno sviluppato nel tempo doti di comunicazione fuori dal comune, che sanno scaldare il cuore della propria rete senza fare perdere di vista gli obiettivi commerciali e l’attenzione al cliente. 

Cuore e cervello vanno dosati con grande attenzione e la capacità di creare empatia e fiducia sia nei propri uomini che nei confronti della mandante è essenziale. 

La figura del manager ha conosciuto un momento di grande successo all’inizio dello sviluppo delle reti (negli anni 80-90), dove le grandi strutture piramidali erano funzionali ad un settore giovane e dinamico.  

A partire dal 2000 è arrivato il momento in cui le strutture complesse e troppo gerarchizzate hanno mostrato i loro limiti, sia per l’avvento della tecnologia che ha facilitato i flussi di comunicazione tra rete e mandante, che per l’aumento delle professionalità e della maturità raggiuta dai professionisti meno bisognosi di un supporto generico. 

Oggi possiamo dire che i manager di rete sono quanto mai necessari, per la crescita dello spirito di corpo e quindi per la costruzione di team di professionisti, per la gestione di una rete mediamente molto più numerosa che in passato e per la capacità, sempre più richiesta, di integrare competenze tra loro complementari.        

Lunga vita al manager di rete, dunque, purché sia un fuori classe ora più che mai.