L’IMPREVEDIBILE FUTURO DEI MODELLI DISTRIBUTIVI

Bluerating | Luglio 2023    

Quello tra le banche cosiddette tradizionali e le banche basate su una rete di consulenti finanziari, può essere visto, a volte, come un derby giocato in casa, altre volte come la contrapposizione tra due modelli antitetici.

Infatti, alcuni gruppi bancari come Intesa Sanpaolo, Credito Emiliano, BNL BNP Paribas, Mediobanca, Banca Sella, Banco Desio e Monte dei Paschi di Siena hanno anche una rete di consulenti finanziari, altre – come BPER – potrebbero costruirla, affiancandola alla attività bancaria tradizionale.

In altri casi, come in Allianz Bank, Azimut, Fineco, Generali, Mediolanum e Zurich Bank l’attività di gestione è svolta unicamente tramite consulenti finanziari supportati da piattaforme digitali sempre più evolute.

C’è poi un “terzo incomodo” rappresentato da Poste Italiane, che con i suoi trentatré milioni di clienti e con una presenza capillare sul territorio ha un ruolo certamente non trascurabile e che peraltro punta a rafforzare.

Le quote di mercato dei canali distributivi sul portafoglio finanziario delle famiglie italiane (depositi, investimenti amministrati, prodotti gestiti, assicurativi e previdenziali) a fine 2022 sono così ripartite: canale bancario tradizionale 64%, reti dei consulenti finanziari 19%, Poste17%.   

Se facciamo un passo indietro di dieci anni la situazione era ben diversa: 76% era la quota riferibile al canale bancario tradizionale (-19% rispetto al 2022), 10% in capo alle reti dei consulenti finanziari (+90% vs. 2022) e 14% a Poste (+21% vs. 2022).  

È bene sottolineare che il perimetro si è allargato, parallelamente alla crescita del portafoglio finanziario delle famiglie italiane, che è infatti passato da poco meno di 2.700 miliardi a poco più di 3.600 (+33% 2010 vs. 2022).

Quindi le banche tradizionali perdono quote di mercato ma non la quantità di denaro che gli italiani affidano loro, che anzi continua a crescere, avendo anche un vantaggio in più rispetto alla maggior parte delle reti rappresentato dall’attività creditizia che fidelizza e vincola i clienti.

Partendo da questi numeri è comunque lecito ipotizzare che entro il triennio 2027-2030 il patrimonio gestito dalle reti dei consulenti finanziari possa raggiungere i 1.000 miliardi di Euro dagli attuali circa 730 miliardi, con una crescita complessiva del 37% rispetto al 2022.

Tutto questo “ceteris paribus” ovverossia a parità di altre condizioni, cioè che i tre modelli di servizio/canali distributivi attualmente presenti in Italia evolvano senza strappi al motore.

Una attenta lettura del contesto, dal succedersi quasi incessante di crisi, tanto che oggi si parla di “poli-crisi” (concatenazione di pandemia, guerra, siccità e inflazione), alla conseguente volatilità dei tassi, con il ritorno in auge dei titoli di stato e dei conti deposito, ci induce a ritenere che altri fattori esogeni potrebbero cambiare le carte in tavola.

Pensiamo alla fortissima accelerazione dei processi di innovazione digitale che, se da un lato ha assecondato le mutate abitudini degli italiani, dall’altro potrebbe indurre ulteriori cambiamenti nella relazione banca cliente.

Pur convenendo sulla immutata e immutabile centralità della persona incarnata dal professionista, è lecito immaginare che l’affermarsi di banche, filiali bancarie digitali e di gestori da remoto, potrebbero stravolgere qualsiasi previsione.

Insomma, con una battuta, potremmo dire che il futuro non sarà più quello di una volta.

Nicola Ronchetti