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Perché liquidi? E perché no!

1.400 miliardi di euro fermi sui conti correnti: sempre più persone parlano di questa cifra enorme depositata sui conti correnti degli italiani, esimi studiosi e opinionisti producono quotidianamente tabelle in cui si evidenzia che se questi soldi fossero stati a suo tempo investiti, oggi avrebbero generato un rendimento anziché essere erosi dall’inflazione.

Altrettanti importanti studiosi di finanza comportamentale ci deliziano sull’effetto gregge, avversione alle perdite, per non parlare di chi trova nella volatilità dei mercati la causa di queste inefficienze nel comportamento dei risparmiatori.

Le vere cause sono solo queste? Non sembrerebbe proprio. Partiamo da qualche dato. Ricerca FINER Finance Mirror su un campione di 2.000 investitori finali con disponibilità finanziarie superiori ai duecento mila Euro, alla domanda “quante volte negli ultimi 12 mesi il suo referente per gli investimenti è venuto a trovarla o l’ha chiamata?” Il 25% risponde due volte, il 55% risponde una volta e il 10% dichiara che non sente e non vede il proprio referente per gli investimenti da almeno 12 mesi.

Ora uno dei principi base di qualsiasi relazione, commerciale o personale che sia, si basa su un assunto molto semplice, per certi versi quasi banale: quello della “reach and frequency”. Il che tradotto significa che una relazione – di qualsiasi tipo essa sia – è efficace solo se entriamo in contatto con il nostro interlocutore e manteniamo una adeguata frequenza.

Siamo sommersi quotidianamente da fiumi di inchiostro che dileggiano gli italiani popolo di grandi risparmiatori ma anche “ignorante in materia finanziaria” e nessuno che scriva una sola parola sul fatto che abbiamo un esercito di “professionisti del risparmio” (ovviamente con le molte dovute eccezioni), più paragonabile all’esercito composto da 8.000 statue di terracotta a guardia del Mausoleo del primo imperatore cinese Quin a Xi’an, che a uno squadrone del settimo cavalleria.

E fin qui ci limitiamo a constatare che i professionisti chiamano e incontrano i loro clienti molto meno di quanto sia oggettivamente necessario, perché quando entriamo nel dettaglio dei contenuti degli incontri scopriamo cose che voi umani….

Sempre dalla ricerca FINER Finance Mirror su un campione di 2.000 investitori finali con disponibilità finanziarie superiori ai duecento mila Euro: “l’ultima volta che ha incontrato il suo referente per gli investimenti di cosa avete parlato?” Risposte: sottoscrizione di prodotti di investimento 64%, polizze assicurative 32%, prodotti di gestione temporanea della liquidità 27%, costi degli investimenti 25%, liquidazione/disinvestimenti 21%, miei progetti futuri 12%, miei obiettivi di vita 9%, necessità di una rendita periodica 8%, gestione dei miei immobili 7%.

Sono dati imbarazzanti che ci fanno capire perché gli italiani si ostinino a lasciare sui loro conti correnti tanta liquidità. Se il loro referente non li va a trovare o quando lo fa è solo per “piazzare” qualche prodotto, c’è da stupirsi che siano “solo” 1.400 miliardi di Euro parcheggiati sui conti correnti.

Per svegliare Cenerentola bisogna che il Principe Azzurro la vada almeno a trovare, poi starà alla potenza del suo bacio ridestarla dall’eterno sonno.

La cosa più preoccupante è che non vi sia piena consapevolezza di tutto ciò per la maggior parte degli operatori che molto spesso di fronte a risultati deludenti si trincerano dietro alibi e costrutti teorici facilmente contestabili dal punto di vista oggettivo.

E’ evidente dai numeri di raccolta dell’industria che distribuisce soluzioni di investimento e dall’analisi dei diversi canali – reti di consulenti finanziari, banche universali e banche private – dove sono concentrati i maggiori problemi, ma non si tratta di elencare qui i capaci e gli incapaci, a loro sta già pensando il mercato, si tratta di cambiare il punto di vista e di assumersi le proprie responsabilità.

Il dialogo con il cliente, la capacità di ascoltarlo, il desiderio di incontrarlo per apprendere da lui cosa vuole, quali sono i suoi progetti, sono i veri asset di un professionista del risparmio, che passano attraverso un contatto frequente e qualificato non solo e unicamente focalizzato sulla vendita.

L’empatia, la sintonia con il cliente e la passione per il proprio lavoro, non si insegnano e tanto meno si imparano sui banchi della scuola o in un ufficio, si coltivano sul campo, attraverso incontri sul territorio e un confronto continuo con i propri clienti.

Alziamoci e camminiamo e aiutiamo i nostri compatrioti a investire su di loro i 1.400 miliardi di liquidità parcheggiati sui loro conti correnti.

Nicola Ronchetti