Poste italiane:

il leader silenzioso.

Ricorda un po’ il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, la discesa in campo di Poste Italiane, in particolare di BancoPosta nell’arena del risparmio gestito e della consulenza finanziaria.

Tutti, soprattutto le banche, ne aspettano e per certi versi ne temono l’avvento ma, diversamente dal giovane ufficiale Giovanni Drogo destinato all’antica Fortezza Bastian, in attesa dei tartari che non arriveranno mai, nel nostro caso Poste Italiane e il suo braccio armato BancoPosta sono ormai una realtà più che consolidata.

Con 35 milioni di clienti, oltre 13.000 filiali sul territorio, 8.000 professionisti, una rete Postamat in crescita e – recentemente – forte di una partnership appena siglata con Moneyfarm, specializzata in portafogli ETF, (i prodotti che stanno conoscendo un successo mai visto prima, grazie a costi contenuti e a performance spesso superiori ai fondi attivi) Poste Italiane va già considerata una realtà vincente in Italia.

Quello che le banche sanno bene è che non è che l’inizio. Per i più distratti giova ricordare che BancoPosta è, e non da oggi, governata da manager di altissimo livello provenienti da esperienze importanti nel gruppo Intesa Sanpaolo, vera fucina di talenti (Laura Furlan da oltre 5 anni in Poste Italiane da poco promossa a Head of BancoPosta e Antonello di Mascio Head of Affluent Client, da meno di due anni in Poste, dopo una vita in posizioni di grande rilievo in banche private e reti di consulenti finanziari).

E come non citare Andrea Novelli, promosso recentemente a Head of Retail & SME network – Responsabile Mercato Privati, dopo due anni come Head of BancoPosta, seppur poco più che quarantenne vanta un’esperienza in banche d’affari come JP Morgan e poi Cassa Depositi e Prestiti e Alberto Castelli, da tre anni CEO di BancoPosta Fondi SGR, una carriera in banche d’affari e gruppi bancari.

Altre alte professionalità provenienti dalla prima linea del blasonato mondo del risparmio gestito e da prestigiose banche completano la squadra guidata da Matteo Del Fante che vanta un curriculum vitae da fare impallidire i top manager di altre realtà.

Tutto questo per dire cosa? Che una squadra così ben assortita non ha certo intenzione di fare melina o peggio di stare in panchina.

Infatti con lo stile molto understatement che caratterizza da sempre Poste Italiane, anche considerato l’azionista di riferimento (MEF e CDP con il 65%), di fatto è già una realtà nel mercato della consulenza finanziaria, in particolare nel segmento “affluent” o “upper affluent” (individui con consistenze finanziarie comprese tra i 100mila ed i 500mila Euro) il più numeroso in Italia (oltre 2 milioni di individui) e nel mondo (oltre 80 milioni) e anche quello caratterizzato dal maggior tasso di crescita (+5% all’anno).

Si tratta di un segmento di clientela strategico, in quanto via di mezzo tra il mass market ed il private e che come tale è lasciato molto spesso scoperto a causa delle logiche omologanti che affliggono in questo momento alcune delle banche italiane.

A supportarci nella convinzione che Poste Italiane con la divisione BancoPosta stia lavorando nella direzione giusta ci sono anche alcune evidenze empiriche. In particolare i risultati di una ricerca annuale che FINER promuove e conduce annualmente tra giugno e settembre (FINER® Bank Manager Explorer 2019) che coinvolge oltre 2.000 gestori bancari affluent dei principali dieci gruppi bancari italiani tra cui un campione di gestori di BancoPosta.

Il risultato più sorprendente è che dalla ricerca emerge come il 22% dei gestori di BancoPosta impieghi il proprio tempo nello sviluppo di nuova clientela contro la media dei gestori bancari che viaggia su una media del 12%, complici anche le molte incombenze burocratiche che gravitano nelle filiali bancarie. Come se non bastasse chi lavora in BancoPosta è mediamente più ottimista sia sul proprio futuro professionale (68% vs. 55% dei gestori delle altre banche) che su quello della propria azienda (75% vs. 63%). Chi lavora in BancoPosta è un po’ più disposto a collaborare con giovani colleghi (86% vs. 80%) un po’ meno a lavorare in team (59% vs. 65%), segno di una professione in via di maturazione.

È anche molto interessante vedere come BancoPosta venga percepita dai gestori bancari che lavorano nelle principali banche italiane e quale sia la sua immagine presso questi stessi professionisti.

Anche in questo caso il dato è sorprendente, BancoPosta si posiziona al terzo posto, ancorché molto distante dalle prime due  – Intesa Sanpaolo e UniCredit – in base al FINER® Thermometer Index 2019 (indicatore sintetico che considera la top of mind, oltre venti attributi di immagine e la reputazione dei principali 10 gruppi bancari).

C’è chi dice che BancoPosta stia alle banche come l’IKEA ai mobilieri tradizionali e chi dileggia i tanti professionisti che vi lavorano chiamandoli “postini”.

Appare superfluo sottolineare il successo di IKEA, aspettiamo solo di vedere di cosa sono capaci i “postini”.

Nicola Ronchetti