Private banker:

qualità ed economie di scala

Le Reti Private, caratterizzate dalla presenza dei Consulenti Finanziari, hanno superato la quota del 40% del mercato private italiano stimato in circa 800 miliardi: dato impensabile fino al 2012, quando i CF erano visti da alcuni banchieri con una certa sufficienza. Analizzando il modello di servizio delle reti scopriamo che in realtà ha sempre avuto in sé tutti gli attributi per essere un interlocutore ideale dei clienti private.

Flessibilità, disponibilità e professionalità, unite a personalizzazione e ampliamento dei servizi oltre la mera gestione degli investimenti (successione, passaggio generazionale, gestione degli asset illiquidi, immobili, quote societarie, arte, auto storiche, gioielli e orologi, crediti Lombard e private insurance) sono il terreno dove le Reti Private si muovono con crescente destrezza.

Le banche tradizionali hanno goduto per anni di una rendita di posizione legata a due aspetti: 1) in epoca di tassi positivi era semplice assicurare rendimenti accettabili in assenza di rischio, cosa oggi impossibile; 2) la capacità di erogare credito ad imprese e a privati conferiva loro un grande potere, la stretta creditizia successiva all’esplosione dei NPL ha cambiato le carte in tavola.

Quella che non è cambiata è la centralità del ruolo del Private Banker che rimane il vero protagonista tra gli stakeholder del mercato, prima ancora dei clienti la cui soddisfazione dipende in larga parte dal suo lavoro.

L’ultima edizione di FINER® Private Banker Explorer 2019 (1.790 interviste a Private Banker rappresentativi del 90% delle principali realtà del Private Banking in Italia) ha evidenziato come la soddisfazione del Private Banker sia – oggi molto più che in passato – direttamente correlata al tipo di realtà presso la quale lavora.

Le Reti Private sono al primo posto con il 57% di Private Banker completamente soddisfatti, seguono le Banche Specializzate con il 32%, al terzo posto le Divisioni Private/Business Unit dei grandi gruppi bancari con il 24%.

Rispetto ad un anno fa (fonte: FINER® Private Banker Explorer 2018): la soddisfazione dei Private Banker delle Reti aumenta (+ 10%), cresce – in misura ridotta – anche nelle Divisioni/Business Unit Private (+4%) mentre diminuisce nettamente nelle Banche Specializzate (- 9%).

Analizzando le motivazioni scopriamo che il punto di forza delle Reti Private è proprio l’attenzione che sanno dedicare ai loro Private Banker – parte di una élite che rappresenta mediamente il 10% della rete – divenuti Private grazie a portafogli mediamente tre volte superiori al resto della rete e a un’alta concentrazione di clienti private (oltre il 70%).

I Private Banker delle Reti Private sono trattati dalla propria mandante come vere e proprie “prime donne”: servizi e linee di prodotto personalizzate e dedicate a loro e ai loro clienti, team di advisory a disposizione, linea diretta con il top management (AD e DG). Inoltre spesso possono contare su retribuzioni stellari grazie a portafogli significativi (100 milioni di Euro) e a provvigioni che possono raggiungere anche il 1,5% delle masse.

Le Reti Private costituiscono di fatto una realtà a sé rispetto alla Rete nel suo complesso dalla quale si distinguono, spesso anche formalmente (pensiamo ad esempio ad Azimut Wealth Management, la prima nata, ma anche a Banca Generali Private, FINECO Private Banking e a Mediolanum Private Banking).

La crescita della soddisfazione dei Private Banker all’interno delle Divisioni/Business Unit Private – pur rimanendo mediamente la più bassa del settore – si spiega con il loro processo di ottimizzazione e valorizzazione (soprattutto rispetto alle Divisioni Retail o Corporate), per la loro capacità generare maggiore redditività con minore o nullo assorbimento di capitale.

La motivazione della flessione della soddisfazione dei Private Banker che operano nelle Banche Private Specializzate va invece probabilmente cercata nelle minori dimensioni delle stesse (sia in termini di staff che di AUM) che rendono sempre più complesso operare in modo efficiente in un settore – quello del private banking – dove le economie di scala e la qualità del servizio sono fattori critici di successo.

Pensiamo, ad esempio, ai costi di compliance in crescita esponenziale (Risk Management, MiFID2, GDPR) e a margini di profitto derivanti dalla mera gestione degli investimenti finanziari in caduta libera, che rendono molto complesso sia operare in modo distintivo che valorizzare i propri Private Banker se si hanno masse inferiori ai dieci miliardi di Euro.

A conferma di tutti ciò è evidente la necessità impellente di queste realtà di aggregarsi tra loro o entrare in grandi gruppi (pensiamo a Albertini con Ersel e Banca Leonardo entrata in Credit Agricole) per riuscire a crescere in un mercato molto più competitivo che in passato.

Il futuro del Private Banking sembra quindi svilupparsi su due direttrici, qualità del servizio ed economie di scala, con una costante: la centralità – tra tutti gli stakeholder – del Private Banker il cui operato è determinante per la soddisfazione del cliente private e quindi per i risultati della banca.

Nicola Ronchetti