PRIVATE BANKING: ALL IN ONE O ONLY ONE?

AP Advisor Private | Marzo-Aprile 2021

L’industria del Private Banking sta vivendo una rivoluzione, iniziata con la riduzione dei tassi, il conseguente aumento della componente di risparmio gestito nei portafogli dei clienti private, che li ha condotti nel campo presidiato dalle reti dei consulenti finanziari ed è poi esplosa con la pandemia.

Il modello delle reti ha sdoganato la scalabilità dei servizi private grazie alla capacità di digitalizzarli. Le reti hanno iniziato a investire nel digitale in tempi non sospetti: oggi hanno accumulato un vantaggio competitivo di almeno quattro anni rispetto alle banche tradizionali, un’eternità.

La riduzione dei margini ha imposto all’industria del private banking una forte revisione del modello di business: quelle che erano una volta le boutique del private banking oggi sono costrette a reinventarsi o ad aggregarsi per prosperare.

Il cliente private è molto esigente, attentissimo alla qualità del servizio, tipicamente multibancarizzato e, proprio per questo meglio in grado, rispetto ai clienti mass market e affluent, di apprezzare la qualità delle proposte.

Il ruolo del Private Banker rimane assolutamente centrale nella relazione, ma oggi, senza una banca/rete alle spalle in grado di garantire operation all’avanguardia e/o soluzioni innovative, rischia di essere ridimensionato.

Ciò premesso e volendo semplificare, osserviamo che si stanno affermando due modelli di private banking.

Il primo modello – “all in one” – si fonda su masse importanti (minimo 30-40 miliardi) in grado di ottimizzare i processi, generando economie di scala ed è basato su due pilastri: il private banker e la digitalizzazione.

La digitalizzazione in questo modello pervade non solo la relazione banca-cliente ma anche quella banca-private banker, consentendo a quest’ultimo di gestire in modo ottimale il maggior numero possibile di clienti.

In questo modello l’efficienza si traduce spesso in un servizio di consulenza evoluta, caratterizzato da un monitoraggio continuo degli investimenti sia in termini di rischio/rendimento/orizzonte temporale che di qualità dei prodotti attraverso un sistema di rating.

Un siffatto modello di consulenza consente ai private banker di offrire ad ogni cliente una soluzione su misura senza però dover partire ogni volta da zero.

Di questo modello di consulenza evoluta esistono fulgidi esempi non solo nelle reti dei consulenti finanziari ma anche nelle cosiddette banche tradizionali che – oltretutto – forti della capacità di erogare credito sono in grado di offrire un servizio a tutto tondo che abbraccia tutto il patrimonio del cliente.

Il secondo modello di banca private – “only one” – è tipico di realtà con un DNA da corporate investment bank, capaci di aggregare competenze specifiche e attrarre capitali privati, più che necessitare di grandi masse e di economie di scala.  

Questo modello punta su strumenti come i club deal o equity club ed è caratterizzato dalla promozione di investimenti illiquidi riservati a pochi e selezionati clienti tra i più patrimonializzati (tipicamente HNWI). 

Certamente i due modelli possono anche coesistere, ad esempio, in un grande gruppo bancario, ma è altamente probabile che la maggior parte delle banche e delle reti dovrà scegliere in che campo giocare, e molte lo hanno già fatto.

Nicola Ronchetti