PRIVATE BANKING E PARITA’ DI GENERE

AP Private | Febbraio 2024

Centotrentacinque sono gli anni che, secondo l’ultima edizione del Global Gender Gap Report redatto dal World Economic Forum, ancora ci separano dalla piena parità tra uomo e donna. Nello stesso report l’Italia risulta 79eseima su 146 stati monitorati in termini di parità nel 2023.

Un altro studio “Italy’s best employers for women 2024” pubblicato da La Repubblica e realizzato con l’Istituto tedesco di qualità, basato su interviste a dipendenti di aziende italiane volte a misurare la cultura d’impresa, la formazione professionale, le pari opportunità, vede la prima banca della classifica alla 75esima posizione.   

Sembra esserci ancora molto da fare per raggiungere il fondamentale obiettivo di rendere le aziende un luogo in cui si pratica quotidianamente la parità di genere.

TIM Telecom Italia Mobile ha lanciato una campagna pubblicitaria, on line in questi giorni, dal titolo quanto mai evocativo “La parità non può aspettare”; il soggetto è rappresentato da un uomo e una donna chiusi in un labirinto, l’uomo riesce ad uscirne facilmente la donna deve rompere un muro a fatica. 

Che il tema sia diventato di maggiore attualità e che le iniziative di sensibilizzazione siano cresciute è un dato di fatto, anche se la strada da percorrere è ancora lunga.

Qualcosa si sta muovendo nella giusta direzione, come emerge anche dal punto di vista delle professioniste del private banker che FINER coinvolge annualmente nella ricerca PB Explorer.

Dall’ultima edizione emergono due dati di grande interesse. Il primo dato riguarda la presenza nella banca di iniziative volte a colmare le disparità di genere come la disparità salariale, la flessibilità oraria, il work-life balance, le prospettive di carriera e la crescita in azienda.

Nel 2022, il 46% delle private banker intervistate dichiarava la presenza nella propria banca di iniziative volte a colmare il gender gap, nel 2023 questa percentuale è salita al 77% (+31%).

Il secondo dato riguarda la soddisfazione, sempre dal punto di vista delle professioniste del private banking, sul buon esito di queste iniziative: nel 2022 il 27% delle intervistate si dichiarava completamente soddisfatto, nel 2023 la percentuale è cresciuta al 34% (+7%).

Si rilevano poi differenze significative a seconda delle banche in cui le private banker lavorano: nei grandi gruppi bancari universali la soddisfazione delle iniziative volte a ridurre il gender gap è maggiore rispetto alle banche di minori dimensioni.

A detta delle intervistate le iniziative stanno dunque crescendo in misura maggiore rispetto all’efficacia delle stesse. Si tratta indubbiamente di un processo che richiede tempo e un cambio di cultura che non si improvvisa dall’oggi al domani.

I segnali che arrivano dalle professioniste del private banking sono comunque positivi e testimoniano che il tema è all’ordine del giorno delle banche e delle reti private.

Ad oggi le private banker donne dipendenti di banca rappresentano mediamente il 27% dell’universo dei private banker, un dato più alto rispetto a quello delle consulenti finanziare con un mandato attivo (20%) e decisamente più basso rispetto al 46% delle colleghe bancarie dedicate al segmento di clientela affluent.

Il tema dell’inclusione femminile nel comparto della consulenza finanziaria italiana ha accompagnato alcune delle nomine più importanti di banca Fideuram: nominata per la prima volta un’area manager donna, tra i 38 top manager nominati 19 sono donne.

Il dado è tratto e ci auguriamo che le professioniste non debbano più essere costrette a essere le migliori per avere il diritto di essere uguali.

Nicola Ronchetti