PRIVATE BANKING IL VALORE DELLA FORMAZIONE

AP Advisor Private | Gennaio 2022

Nell’immaginario collettivo i private banker hanno sempre rappresentato, prima nelle banche ora anche nelle reti dei consulenti finanziari, una sorta di élite.

Il fatto di lavorare con clienti altamente patrimonializzati, di frequentare gli stessi circoli e spesso di condividerne alcune passioni – dal golf all’arte, passando per auto storiche o orologi da collezione – ha fatto del private banker una figura a volte stereotipata.

Al di là delle luci della ribalta lavorare con imprenditori e clienti ultra milionari è molto più complesso che interfacciare clienti mass o upper affluent: i primi sono sempre alla ricerca di investimenti alternativi ed esclusivi a loro dedicati ma al contempo, quando si parla di costi, attenti ai basis point.

Tematiche come i trust, i patti di famiglia, le fiduciarie, l’ottimizzazione fiscale hanno sostituito le più banali conoscenze in tema di passaggio generazionale.

Per non parlare di club deal o di investimenti in private equity che richiedono competenze e conoscenze fuori dalla norma.

In questo contesto non stupisce come negli ultimi dieci anni per i private banker l’importanza della formazione sia cresciuta del + 34% e contemporaneamente si sia ridotta la soddisfazione per quella ricevuta con un secco – 19%.

Ovviamente è necessario distinguere tra la formazione cosiddetta obbligatoria predefinita dal legislatore e dalla compliance interna alla banca da quella concepita ad hoc per i private banker.

Nel caso della formazione obbligatoria i giudizi sono mediamente allineati a quelli dei colleghi che lavorano con clienti mass e upper affluent.

La vera differenza vera la fa invece, nel bene e nel male, la formazione volontaria concepita dalle direzioni HR delle banche private, spesso di concerto con prestigiose università o da alcune associazioni di categoria, dedicate ai private banker.

Quando si azzecca l’attività di formazione giusta, questa ha un effetto moltiplicatore che non si esaurisce solo con l’accrescimento delle competenze e delle conoscenze professionali ma ha pure un impatto sulla fedeltà e sul senso di appartenenza dei discenti.

Le variabili determinanti sono gli argomenti, i relatori, ma anche la modalità di erogazione delle attività formative, incluse le location, che hanno, oggi più che in passato, a causa del distanziamento sociale, un impatto significativo sulla capacità di creare i cosiddetti team class.

Insomma mai come in questi ultimi dieci anni la formazione ha assunto un ruolo non solo educativo ma anche valoriale e in grado di creare coesione e unità di intenti all’interno di team più o meno numerosi.

Va però rilevato che rispetto alle attività formative pre 2020 gli aspetti che mancano di più sono la possibilità di incontrarsi off site e comunque fuori dalla propria postazione (41%), la possibilità di incontrare di persona i docenti e i formatori (34%) e i colleghi (27%).

Come se non bastasse, la formazione pare quindi avere anche un valore socializzante per oltre il 50% dei private banker.

Possiamo concludere che il private banker come un novello Ulisse attribuisca oggi alla formazione un’importanza universale, che rende quanto mai attuale la celebre terzina di Dante: “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”.

Nicola Ronchetti