Il gioco dei private banking

si gioca sempre più in centrocampo

Sono passati solo sei anni, ma sembra trascorsa un’intera era geologica. I clienti private erano felici di affidare il loro patrimonio a ottimi professionisti – i private banker – che avevano un solo scopo nella loro vita: il mantenimento del valore del capitale dei loro (facoltosi) clienti. Poi il mondo è improvvisamente cambiato: sono scomparsi gli investimenti finanziari a rischio zero e le rendite di posizione si sono azzerate.

Ed è inequivocabilmente anche cambiato lo schema di gioco dei private banker. Volendo usare una metafora calcistica possiamo dire che sei anni fa si poteva tranquillamente essere un ottimo private banker stando in difesa, cioè gestendo clienti già acquisiti, senza dannarsi l’anima nella ricerca di soluzioni di investimento complesse né tantomeno di nuovi clienti.

La segmentazione dei private banker in attaccanti, centrocampisti e difensori si basa su un insieme di oltre venti variabili, dalla cui elaborazione statistica emerge il segmento di appartenenza.  

Sei anni fa il private banker “difensore” era la tipologia più diffusa (50%) nelle banche private appartenenti ai grandi gruppi, meno nelle banche specializzate (20%). Figura importantissima sia per il cliente di cui rappresentava il vero baluardo che per la banca ai cui ordini di scuderia era molto allineato.

Poi c’era il private banker “attaccante”, vera delizia per gli AD delle banche private: un cacciatore instancabile, un animale sociale, pronto a cimentarsi nel gioco del golf all’alba dei cinquanta anni, pur di raggiungere il cliente a lungo agognato. Ottimo gestore di relazioni, meno allineato alla banca di appartenenza ma molto incline a raggiungere gli obiettivi di crescita di cui tende ad ascriversi quasi tutti i meriti. Meno disposto a lavorare in gruppo e a riconoscere i risultati del team.

Gli “attaccanti” erano – sei anni fa – il 30% nelle banche private generaliste, un terzo in più (40%) nelle banche specializzate.

Poi c’è il banker “centrocampista” che si posiziona tra i difensori e gli attaccanti e ne costituisce l’elemento di raccordo avendo molto spesso anche la funzione di regista sul campo.

Probabilmente si tratta della posizione più complessa. Data la vastità dell’area di gioco che può occupare, Le caratteristiche generali del centrocampista, sono la resistenza, la flessibilità, la capacità di fare squadra (di passare la palla ma anche di fare gol). Il centrocampista è la rappresentazione sul campo della strategia della direzione. È quindi molto allineato alla banca e al suo management.

Il centrocampista era – già sei anni fa – una figura già molto diffusa (40%) nelle banche specializzate meno (20%) nelle banche private appartenenti a grandi gruppi.

Oggi pare tutto cambiato: fattori esogeni (volatilità dei mercati, compressione dei margini di intermediazione) ed endogeni (MiFID 2, protagonismo delle reti dei CF nel mercato private, concentrazione delle banche private) hanno infatti imposto uno schema di gioco differente.

I “centrocampisti” sono diventati la maggioranza sia nelle banche specializzate (70%) che nelle banche private appartenenti a grandi gruppi (50%), i “difensori” si sono mediamente ridimensionati nelle banche appartenenti ai grandi gruppi (30%) mentre sono rimasti stabili (20%) nelle banche specializzate.

Gli attaccanti sopravvissuti alle sirene delle reti risultano ora molto più allineati alla banca, sono sempre meno auto riferiti e comunque rappresentano una percentuale fisiologica (10% nelle specializzate e 20% nelle banche parte di grandi gruppi).

In estrema sintesi in sei anni si è verificato un cambiamento radicale dello schema di gioco. Oggi vi è un forte consolidamento a centrocampo e quindi una valorizzazione dei talenti (private banker) meglio in grado di farsi interpreti delle strategie della banca ed in grado di mediare tra chi è arroccato sulle sue rendite di posizione (clienti acquisiti) ma è anche un ottimo gestore e chi invece preferisce acquisire che gestire. Anche la capacità di fare confluire sul cliente competenze differenti (ad esempio corporate finance) coordinandole in modo efficiente è una dote molto comune tra i centrocampisti.

Questo nuovo schema di gioco corrisponde perfettamente al nuovo contesto, dove i fenomeni di aggregazione e consolidamento tra banche private a cui stiamo assistendo, portano necessariamente ad economie di scala e quindi alla valorizzazione prima della squadra e poi – se funzionale alla struttura – dei singoli talenti. 

In altri termini, la complessità dell’attuale conteso e le conseguenti strategie adottate dalle banche private per farvi fronte (ricerca di servizi aggiuntivi per la gestione del cliente private a tutto tondo, del suo patrimonio immobiliare e societario, dei temi successori, fiscali e degli investimenti alternativi) sembrano lasciare sempre meno spazio al private banker “battitore libero”.

Fare gol resta l’obiettivo finale, ma con il nuovo schema di gioco a vincere sarà sempre di più la squadra, e per i lupi solitari non resta altro che adeguarsi.   

Nicola Ronchetti

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