Stay hungry, stay foolish

ma anche tuned

Compie 14 anni il celebre discorso pronunciato da Steve Jobs all’Università di Stanford il 12 giugno 2005. Considerato il suo testamento, il discorso si chiude con la celebre frase “Stay hungry. Stay foolish”, un invito agli studenti a restare “affamati e folli”. Ovvero, non perdere mai la curiosità e l’ambizione di cambiare il mondo con un pizzico di follia.  

Mai discorso può essere considerato più attuale per i tanti – oltre 36.000 – consulenti finanziari e per chi tra i circa 100.000 (esuberi) bancari abbia voglia di implementare o di vitalizzare il proprio portafoglio clienti.

L’orto è piccolo è vero, ma se alziamolo sguardo ci sono 11 milioni di italiani che aspettano (invano?) che qualcuno spieghi loro che lasciare i soldi sui conti correnti è come sotterrarli sotto terra con un rischio che la pioggia li faccia marcire o – nel caso si voglia scegliere la metafora del parcheggio – il parcheggiatore (la banca) chieda loro almeno uno 0,15%. Se invece del solo parcheggio volessimo il lavaggio dell’auto quanto ci chiederebbe il parcheggiatore? Uno 0,25%?

Il tema non è il costo è cosa ne vogliamo fare della nostra “macchina”. Un week end o l’attraversata del mondo? Oppure, nel caso di un’auto classica, tenerla al riparo coperta in un garage in attesa di rivenderla con una cospicua plus valenza?

È evidente che se nessuno spiega agli investitori finali i rischi di un parcheggio che – bene che vada – è infruttifero e che – nella peggiore delle ipotesi – è anche poco sicuro o non li interroghi su quali siano i loro obiettivi, assisteremo sempre di più a una paralisi delle scelte.

Il bandolo della matassa sta nell’offerta e non nella domanda. Per essere ancora più chiari: la vera sfida è educare e saper motivare i consulenti finanziari, i private banker e – più in generale – chi lavora in una banca e si occupa di investimenti.

Il pessimismo che alimenta gli investitori finali combinato con l’inedia di un’offerta – nella migliore delle ipotesi – silente, crea un combinato disposto devastante per un’industria – quella della gestione del risparmio – che ha necessità di essere alimentata continuamente da iniezioni di fiducia.

Diciamoci le cose come stanno, il settore della consulenza finanziaria e quello bancario hanno raggiunto, come è naturale, una maturità che porta necessariamente a un bivio: o ci si lascia andare a una serena e fiacca vecchiaia, lasciando spazio ad altri oppure si reagisce e ci si rimette in moto.

Come si fa a motivare una rete, sia essa composta da consulenti finanziari, da private banker o da gestori bancari? Innanzitutto è fondamentale impostare una modalità di ascolto sistematico. Nel dettaglio ben vengano gli incontri periodici, gli area meeting, le riunioni commerciali e anche le occasioni per celebrare i successi o trovare rimedi per far fronte agli insuccessi.

Certamente queste iniziative sono assolutamente necessarie, e lo sono per tutte le organizzazioni, dalla multinazionale con decine di migliaia di dipendenti alla squadra di calcio della parrocchia.

A queste occasioni di incontro e confronto vanno però affiancate, sia a monte che a valle, sistemi continuativi di valutazione, monitoraggio e ascolto delle istanze della propria platea o pubblico di riferimento, per poterne cogliere l’importanza relativa e implementarle in tempi brevi.

Sarebbe poi bello ed estremamente utile che questi sistemi di valutazione considerassero non solo la soddisfazione dei propri clienti, dipendenti e consulenti, ma che potessero confrontarla con quella delle organizzazioni concorrenti.

Perché in un mercato maturo, dove tutti tendono a muoversi in scia al leader, è molto utile scoprire chi è il primo a rompere le righe e a lanciare – ad esempio – un prodotto o un modello di servizio alternativo.

Tuttavia è incredibile constatare come ci siano ancora – per nostra fortuna sempre meno – banche e società di gestione del risparmio, che si illudano di conoscere e di monitorare la soddisfazione e i bisogni dei loro clienti, distributori, dipendenti o consulenti che siano, unicamente analizzandone i comportamenti fattuali (risultati commerciali in primis).

Alla mitica frase di Steve Jobs potremmo dunque aggiungere un “stay tuned”, che tradotto significa state sintonizzati, possibilmente sulla stessa lunghezza d’onda dei vostri stakeholder attuali e potenziali, viceversa c’è il rischio di confondere lucciole per lanterne.

Nicola Ronchetti